Teatro Brancaccio
Roma, 8 dicembre 2003
(ricordi e riflessioni di Giuliana)




Teatro Brancaccio

Si fa presto a dire Super Senior, reality show televisivo su Rai Tre con impegno di scrivere un copione per uno spettacolo teatrale DA RECITARE IN UN GRANDE TEATRO DI ROMA. Si fa presto!

Già, perché dopo tre mesi di discussioni, contrapposizioni, litigi, rappacificazioni, mediazioni, copioni su copioni, dopo l’ennesimo NO di tutto il gruppo alla determinazione di Aldo che intende non solo fare la regia ma anche scrivere la sceneggiatura, mettendo in discussione ogni frase scritta, con un solo, perentorio, “VOI NON CAPITE UN C...!” espresso almeno tre volte al giorno a chiare lettere, ecco, dopo tutto questo tempo il gruppo capisce che andare in scena forse non è più possibile, siamo fuori tempo massimo.

Non ci rassegniamo. Chiediamo aiuto, un regista-trapezista esterno che abbia la voglia e il coraggio di buttarsi insieme a noi. Ma dove si può trovare un pazzo così? E invece arriva un ragazzo. Si presenta simpaticamente con una simbolica cassettina dei ferri, dice sorridendo: “Sono venuto a cercare il guasto, a fare la riparazione.” Da allora non volerà più una mosca, le prove avranno cadenze militaresche, leggerà ciò che è stato scritto, ascolterà le canzoni, si farà raccontare episodi delle nostre vite, ci dirà semplicemente: “Scrivetele, domani si provano.” “SIGNORSÌ.”

Si chiama FABIO LIONELLO. Si proprio così, il figlio di Oreste.
Quando non può esserci si fa sostituire dalla sorella Alessia, un’altra soldatessa che ci sgriderà e griderà ad ogni errore... Ma noi ZITTI. Ci lanciamo occhiate, ci diamo gomitate. È il calendario che conta ora, solo quello. Altro che la nostra predisposizione alle battute sarcastiche...

Aldo ALDO... Ma Aldo che farà? Reciterà con noi, un copione non suo? Ancora e ancora uscirà e rientrerà, scontento, deluso e più che mai convinto che sia una sonora ca...ta! Poi ci offrirà la sua disponibilità. “Solo perché, arrivati a questo punto, mi sembrerebbe di tradire il gruppo...”, dirà.

Siamo contenti che sia con noi fino alla fine, che salga con noi sul palco, e gli diciamo grazie per quello che ci ha dato, insegnato: a fare pause, ad alzare o abbassare la voce, a usare i gesti. Ad alzare la testa, a tirare fuori le parole. Grazie. Ma non basterà. Resterà ferito, non si metterà in discussione.


Il giallo del teatro che non si sa se c’è e... qual è.

Voi non immaginate cosa sia avere a che fare con due strutture così diverse come il TEATRO e la TELEVISIONE. Sono parenti serpenti. Si odiano e si coprono i manifesti. Noi stiamo in mezzo.
Osserviamo: incuriositi, perplessi, pazienti, incavolati. Il Teatro necessita di rigore, spazi precisi, fissi, conosciuti, concentrazione; la Televisione tende trappole continue, si nutre di improvvisazioni, tranelli e sorprese e bugie, vuole, deve fare il SUO spettacolo che non coincide per niente con le nostre esigenze di attori-non attori.

Insomma, a quindici giorni dal debutto non si sa ancora se si trova il teatro. È uno scherzo? Aumenta l’agitazione, si animano le discussioni, si fanno congetture. Si, perché a quel punto noi non ci rendiamo conto di essere ancora dentro la trasmissione televisiva, ma siamo già umanamente entrati nella dimensione teatrale e siamo terrorizzati a turno. Le VOCI che arrivano sono le più disparate: il teatro di Rieti, il teatrino di Poggio Mirteto, il Sistina., l’Auditorium RAI (non ce lo danno neanche morti...) il Brancaccio, ecc. Chi si schiera per il teatrino parrocchiale e chi, offeso come Lawrence Olivier, grida al tradimento: “O Sistina, o morte...”. Le telecamere riprendono, la TV macina litigi e primi piani.


Habemus theatrum!

Ed è BRANCACCIO! Si, però... non si potrà andare a provare che quattro giorni prima, debutto compreso, e, come se non bastasse, solo la mattina. Tenendo conto del fatto che siamo a 70 chilometri da Roma, dobbiamo alzarci alle sei e mezza, intrupparci sul pullman, percorrere 50 chilometri di curve continue e 20 di traffico, scendere freschi freschi e andare a calcare gli spazi su cui dovremo recitare in dieci più quattro musicisti. Smettere le prove alle tredici, ingoiare un pasto-panino, reintrupparci sul pullman e rifare i 70 chilometri. Giunti a... casa, ci sarà l’intervista con zizzanie varie, poi si procederà a preparare la cena per dieci o dodici o sedici (qualche volta anche ventuno, fra musicisti, registi, ospiti vari), spreparare le masserizie, e poi (non diciamo chi...), due di noi (ma si che lo diciamo!), Milena e Giuliana, si metteranno al computer per scrivere ciò che si è aggiunto, togliere ciò che si è tagliato e stampare o fotocopiare trecento pagine, fascicolarle in dodici nuovi copioni, regista e aiuto regista compresi. SENIOR noi? Si fa notte...


Brancaccio si... ma solo un pezzetto.

Money, money... Quando il calendario segna meno quattro giorni al debutto, scendiamo le valli della Sabina e arriviamo al teatro. UNO SPAZIO IMMENSO DI VELLUTI ROSSI appare, e noi, microscopici in tutti i sensi, camminiamo in fila indiana, in punta di piedi come gatti silvestri, verso l’enorme palcoscenico con il sipario chiuso. Che emozione!!!
Saliamo le scalette e qualcuno scosta timidamente il pesante tendone. SORPRESAAAA...
La scena, lo spazio del palco, è totalmente occupata dalla scenografia, si, ma non quella del nostro spettacolo, quella di... 7 SPOSE PER 7 FRATELLI. E già, perché a giorni è proprio quello lo spettacolo che debutterà al Brancaccio. Casette di legno, tronchi d’albero, costumi da campagna far west o tirolese, attrezzi da boscaiolo ovunque. Ci viene il dubbio che sarà difficile ambientare lì in mezzo la nostra guerra mondiale, e anche Wanda Osiris o Cantando sotto la pioggia, per dire, il balletto con i vestiti alla charleston... Mah!

Ma la spiegazione è semplice. Noi reciteremo sul palco, si, ma su quello che del palco rimane, cioè DAVANTI AL SIPARIO, sul proscenio, due metri e mezzo di profondità, per dieci attori e quattro musicisti.
Luciano che era incaricato della scenografia si mortifica; ora capisce perché gli era stato sussurrato di sospendere bozzetti, piantine e plastici che stava disegnando da quasi due mesi...
La scenografia prevista da Luciano doveva essere tutta bianca, e quindi Liliana, che era incaricata di occuparsi dei costumi, aveva predisposto che noi tutti vestissimo di nero. Guardandoci intorno prendiamo atto che invece saremo tinta su tinta, cioè nero su nero. Liliana salverà la situazione con le sciarpe bianche e colorate che ha tagliato e cucito in camera nelle settimane precedenti.

Proseguiamo l’ispezione sempre più guardinghi. La cosa più fantastica sono le... quinte NON comunicanti, della larghezza di 70 centimetri per una lunghezza di un metro e mezzo, sempre per quattordici persone. Buio pesto. I gradini delle quinte sono spostati rispetto ai corridoi, qualcuno comincia a rotolare nell’oscurità. Quattordici facce basite. Le telecamere riprendono. Farà AUDIENCE?

Ci rincuorano: faranno costruire una serie di scalette che congiungeranno il proscenio alla passerella e sarà tutto risolto. Uno spettacolo sulle scale, su e giù; saltelleremo cantando, recitando e rimbalzando, se qualcuno cadrà sarà più divertente, anche un po’ ridicolo, grottesco, ma farà tenerezza, siamo senior, salirà lo SHARE! La nostra ingenuità si trasforma in fortissimo sospetto. Qualcuno ha giocato, ma ha giocato anche al risparmio? Perché siccome reciteremo il lunedì pomeriggio, quando il Brancaccio osserva il turno di riposo, 2 + 2 =... Non occupando la scena e recitando nel giorno di chiusura... le conclusioni tiratele voi perché a noi scappa da ridere.

Fabio Lionello, il regista, si trasforma in mago e si inventa qualsiasi cosa. Fa trasportare mobili dal castello, inventa luci colorate, trova un secchio che servirà, compera palloncini; sostituirà il sipario con pannelli a due ruote che noi trasporteremo in scena. Trova uno spazio per collocare i musici sulla passerella.

Giampaolo Perilli Con noi c’è un piccolo grande artista, artigiano dalle mani magiche, pieno di grazia e creatività; si metterà a lavorare anche di notte e farà miracoli. È Giampaolo Perilli, un GRANDE.

Fabio diventa Generale sul campo. C’è da affrontare una guerra, e non c’è nemmeno bisogno di dirlo: siamo tutti schierati e combatteremo.


Il giorno della prima.

Giuliana ripassa il copione... È arrivato, è il giorno, è l’8 dicembre, si va in scena alle 17:00. La mattina si macinano prove su prove, con alti e bassi. Il pubblico ci sarà? Quanto? Ci darà la carica, come si dice?

Ore 15:00, un tonfo sospetto: Giuliana, nella quinta di sinistra, scompare con un piede e tutta la gamba dentro un buco alto 80 centimetri.
“Ahiiii... che doloreeee!!!” La caviglia comincia a gonfiare come un’anguria.
Pietro Sermonti porta garza, ghiaccio, bende, spray antidolore. Dopo mezz’ora il piede è tutto nero, orrendo. Che si fa? Giuliana non potrà cambiarsi, non potrà partecipare al balletto, ma decide che sarà comunque su quel palco: qualsiasi cosa abbia il suo piede può aspettare, ci penserà DOPO.

Luciano e Milena rinfrescano la memoria... Fra mezz’ora andiamo in scena: l’ultimo ripasso, gli ultimi aiuti fra noi, gli scongiuri con le parolacce, una tazzina di caffè... Dov’è il copione, ma è tardi... Milena sa tutto a memoria, Francesco è agitatissimo, Ivana dice che farà schifo, Aldo è tranquillo, il Generale si comporta di conseguenza, Mira sorride calma, Liliana è carica, Salvo fa battute, Luciano ha l’occhio a palla, Giuliana si è messa i calzettoni per mascherare la caviglia gonfia, si guarda il piede e dice che è vestita come una suora... Intanto il Brancaccio ha aperto le porte, e una fiumana di persone comincia a entrare... La tremarella lascia il posto a una specie di calma strana, di sdoppiamento. Noi ci guardiamo, come se fossimo altri che vanno in scena.

Gli scongiuri prima dello spettacolo



La sala è piena...
Su il sipario (si fa per dire...)!
Inizia il canto, la Storia...
...del nostro Paese.
La guerra...

...le Fosse Ardeatine, la Resistenza.
Che tempi eran quelli...
L’emancipazione femminile.

La farfalla.
La coppia...
Single.
Sentimental.
...scoppia.

Giro, girotondo...

“È andata, ...è andataaa!” Il pubblico applaude in piedi.
Facciamo “Tiè!”, non importa a chi. Abbracci, felicità. L’adrenalina è ancora lì, ma fa bene, siamo al settimo cielo. Giuliana: “Che male, che male, su e giù per quelle scale.” E ride...


Secondo tempo.

Torino, 1969.
La draga...
...e gli ingranaggi del lavoro.
Anni ’80.
Venditore di sogni.
Mercato globale.
Co.Co.Ca.

La dentiera... del Cavaliere.
Soldi... soldi.
Dottor Jack.
Il lavoro precario...
I nostri dialetti.

Comincia...
Ragazzi. Applausi!!!

Grazieeee... Finale, passerella, bis, il pubblico che si alza e viene verso il palco.

In sala si sono Ugo Gregoretti, Andrea Camilleri, Vincenzo Salemme, Serena Autieri e, ovviamente, felici e con gli occhi lucidi, Angelo Guglielmi, Bruno Voglino, Andrea Salvadore, Danila Lostumbo. Pietro Sermonti sul palco ci regala rose rosse. Tutti i ragazzi che hanno lavorato per 100 giorni a Super Senior, operatori, montatori, tecnici, autori, aiuto registi, ecc., escono dalla loro invisibilità per farci “OK!” Sorridenti e partecipi (da tre giorni sono presenti alle prove) anche il direttore di RAI TRE Paolo Ruffini e la capostruttura Lucia Restivo, e chissà quanti altri... Grazie.

Le rose di Pietro Sermonti. In prima fila ci sono parenti e amici, e sono venuti dalle loro città i super senior che hanno lasciato prima la trasmissione: Antonella, Attilio, Ugo e la nostra Luisa.

Fabio Lionello. Il regista Fabio Lionello fa di sì col capo, salirà sul palco solo qualche attimo: “Mi chiedevo (mettere su tutto questo è stata una piccola sfida...) perché fare questo spettacolo, a chi poteva servire... Penso a me, e a noi tutti. Perché senza storie non esiste nulla. Le storie sono la memoria del mondo.”


L’abbraccio di Guglielmi e Voglino. È un abbraccio spalancato, sofferto, guadagnato.

Si sale, per l’ultima volta, nella splendida Sabina, si guarda tutto, per non dimenticare: case, ulivi, volti antichi, veri. La grazia di un pezzo d’Italia struggente che forse cambierà. Siamo in pace, sorridenti, ma è già nostalgia. Domani si parte.

Al Castello troviamo la tavola imbandita, si fa festa. Il Generale stappa le ultime bottiglie, Liliana dedica un creativo Sentimental ad un ottimo bicchiere di barbera, Francesco dice ammoreee a tutti quanti, Salvo fa un brindisi, Aldo alza il suo calice, Mira brinda alla sua autostima, Ivana dedica il tutto ai suoi tre figli, Luciano ai tabù che si riescono a infrangere, Giuliana al sogno che finisce, Milena sussurra: “...proprio adesso, che cominciavo a divertirmi...”. Si va a letto tardi e si farà tutti lo stesso sogno... Brancaccio...

Ma... A notte fonda, si deciderà di trascinare Giuliana al pronto soccorso (non ne vuole sapere). Il prezioso Ivano è già al volante, Emma (la nostra organizzatrice) e il tenero Luciano la metteranno in auto e la accompagneranno fino a... Terni (uno scherzo..) per sentirsi dire: “frattura e strappo dei legamenti”. Ma Giuliana non ne vorrà sapere di rovinarsi l’umore dopo quella memorabile giornata. Dirà: “...poteva andare peggio, ci penserò domani. A casa curerò il piede e anche, temo, la mia anima.” La luna è alta, trasparente. Luciano si è assopito. Ora anche le telecamere dormono profondamente.

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