
La mia vita, come quella di tanta gente della mia generazione, è molto simile ad un feuilleton.
A dire il vero è proprio questo che avevo intenzione di raccontare in tv, ma non è stato possibile. Approfondirò il perché in altre pagine di questo sito.
Classe 1939, la guerra di mezzo, il dopoguerra, il lavoro da giovane, l’amore romantico, il matrimonio, la scoperta e il bisogno di libertà, la grande passione per la politica, il confronto, gli ideali, il ‘68, gli anni di piombo, il femminismo, il disincanto, la sofferenza che arricchisce, nessun pentimento.
Nasco a Torino, in Borgo San Paolo, storico quartiere operaio mescolato a una piccola e media borghesia (tante palazzine liberty dai vetri colorati, così belle, minuscole, commoventi...).
Il lavoro mi aspetta presto, in casa c’è bisogno di tutto. Il mio piccolo stipendio insieme a quello di mia sorella Anna Maria e al lavoro di mio padre, ci consentono di cambiare casa, con dentro un bagno vero, il termosifone, il telefono, e... - sembrava più importante dell’invenzione della ruota - il LUSSO dell’acqua calda. Chi non ha provato cosa vuol dire freddo, freddo sempre, lenzuola umide, acqua gelata, forse non può capire.
Mi sposo, ho 21 anni, ma sono ben lontana dal sapere chi sia io veramente. Tre anni insieme... Ma sono gli anni sessanta, si leggono libri, si vedono film, la voce di Bob Dylan dall’America, strade di libertà che si incrociano, inattese, nuove, entusiasmanti. Insomma, il matrimonio finisce. Senza alcun colpevole.
Sono sola, cambio casa, cambio lavoro, trovo nuove amicizie che saranno il nucleo fondante della mia nuova vita. Nottate a parlare di tutto (che belle le parole!), discussioni e discussioni, sofferenza-crescita-sofferenza, speranza che gira nell’aria. Ti arriva da ogni parte del mondo.
Ho un nuovo compagno, Enrico, uno studente perennemente fuori corso e anche fuori da ogni schema. Stiamo insieme da
liberi e alla fine si decide di passare dalle parole ai fatti, e si arriva alla partecipazione politica attiva. È il ‘68.
Ma che cosa fu quel ‘68? Da allora sono passati 36 anni. Sono crollati muri e ideologie, e nel mezzo ci sono due generazioni. Qualcuno potrebbe dire... “che ...ppalle!”
Già, ma siccome la storia, specialmente complessa, con tante facce, non arriva nelle scuole, siccome arriva a fatica sui giornali, che nel nostro paese hanno una diffusione limitata, trova spazio su pochi libri (che pochi leggono), ecco, siccome tutto questo, perché non parlarne da questa finestra sul mondo che è la Rete? E poi... tranquilli: non pretendo di fare la Storia. Tenterò di raccontare la mia testimonianza, con tutto ciò che di giusto e sbagliato è accaduto, che ho capito e sofferto partecipando a quel movimento mondiale che arrivò anche nella mia città, Torino.
Quei giovani del ‘68 portarono nuovi (nuovi?) sogni e ideali, chiesero pace e uguaglianza, pretesero di superare un mondo vecchio verso una società più giusta, con spontaneismo e ingenuità. Un esempio, uno slogan esagerato:
“Che cosa vogliamo? Vogliamo tutto.” Esagerato sì, ma non si inizia una battaglia come quella con il buon senso. Il tempo di mediare sarebbe arrivato molto presto.
In ogni parte del mondo moltissimi intellettuali si identificarono in quel movimento gigantesco (chi non ricorda i capelli bianchi di Bertrand Russell seduto per terra insieme a migliaia di studenti?).
Quelli del ‘68 avevano 15 anni, oppure 35 o 70, e proprio da allora tutti si identificarono con il termine unificante di
giovani. Scrisse Michele Serra: “In un lampo d’epoca, una generazione intera si era... ingiovanita, inventandosi letteralmente un’estetica della gioventù.”
Non furono soltanto rose. Nel mondo, quella protesta si scontrò nelle parole e anche fisicamente con l’ordine costituito. La fase della ribellione durò più o meno due anni ovunque. In Italia durò un’eternità e assunse da subito connotati anomali e tragici. Il movimento studentesco si saldò con le lotte dei lavoratori, con manifestazioni spontanee. A soli cinque mesi da quei fatti giunse la prima risposta stragista: il 12 dicembre 1969 una bomba a Milano, in Piazza Fontana, provocò 16 morti.
L’ultimo processo (nel 2005) annulla le sentenze che si sono susseguite nel corso del tempo (ricercando i responsabili prima nelle frange dell’estrema sinistra e poi in quelle dell’estrema destra) e condanna i parenti delle vittime al pagamento delle spese processuali sedimentate per oltre trent’anni. Nessuno, ma proprio nessuno, è colpevole. La bomba sarà esplosa davvero? Quelle sedici persone saranno morte davvero?
Attentati e stragi che percorsero l’Italia in quegli anni:
- Luglio ‘70 - Bomba sul treno Freccia del Sud: 7 morti, nessun colpevole.
- Maggio ‘72 - Strage di Peteano: tre carabinieri uccisi da un’autobomba, indagini a sinistra. Si scoprirà la matrice di estrema destra dopo 20 anni.
- Maggio ‘73 - Questura di Milano: un oscuro attentato di un finto anarchico provoca 4 morti.
- Maggio ‘74 - Piazza della Loggia, Brescia: bomba durante una manifestazione sindacale. 8 morti, 8 processi, nessun colpevole.
- Agosto ‘74 - Treno Italicus: una bomba in galleria. 12 morti, 5 processi, nessun colpevole.
Crebbe una coscienza collettiva più democratica che si oppose alle spiegazioni ufficiali, ma portò il movimento a spaccarsi: mentre migliaia di giovani discutevano su come organizzare politicamente una
legittima difesa, altre migliaia teorizzavano di passare all’attacco e nacquero i gruppi terroristici clandestini che diedero il via ad un elenco luttuoso di attentati fino al rapimento e uccisione del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, che segnò il loro declino.
Gli anni ‘70 si chiusero con queste cifre: 320 le vittime del terrorismo, 4000 i terroristi arrestati.
Nell’agosto del 1980, una bomba alla stazione di Bologna provoca un’ennesima strage di innocenti con 85 morti.
Questo
elenco di riflessioni è un invito aperto a porsi ancora delle domande, il passaggio di un testimone a chi non visse quei giorni, una traccia per capire gli
anni di piombo, respirarne l’aria, intuire il significato di quella che allora fu definita la
strategia della tensione.
Dopo 36 anni mi riesce ancora difficile parlare di quel periodo con distacco. Se torno indietro mi sembra di correre verso un fuoco. Più mi avvicino e più brucia.
Ma cosa facevo io, chi ero, come ero in quegli anni?
Qualche attimo, per magia
Ricordo.
Come cicale cantavamo
tra foglie verdi
ed esplosioni di grano.
Ricordo.
Per la prima volta vivemmo
notti e stelle
e accecanti giorni
di segreti fuochi
ingenui, violenti,
laceranti, liberi,
dovuti, umani.
Oramai eterni.
Ricordo, eravamo dei.
Immortali.
Le vene battevano rapide
si spaccavano impazzite
fra le dita forti e pure.
I grandi occhi tenaci,
senza crudeltà,
senza paura, ignoravano battiti
e febbre
che non fossero amore.
Ricordo.
Quell’attimo infinito
di consapevole coraggio
sfrenato, ingiusto e giovane.
Ricordo
e risento oggi e ogni tanto,
qualche attimo,
per magia,
parole azzurre e mare,
universi, atomi, rive distese,
pietre, fronte, voci,
di uomini soli
fra esplosioni di stelle.
Qualche attimo
per magia risento
uno strazio
tremendo come un urlo,
liberatore.
Come per magia
scioglie la terra
che vive in me
e la sua voce misteriosa
canta teneri fili d’erba
e azzurri fiordalisi immortali.