Diario di bordo 2005
Sono in mare tra Civitavecchia e Olbia a bordo di queste nuove (almeno per me) grandi navi veloci.
Solcano il mare silenziose, stabili più di un aereo in volo, beccheggio e rullio non esistono più o sono molto attenuati in caso di mare mosso. In poche ore si giunge a destinazione su comodi divani e poltrone, con aria condizionata e bar e ristoranti in quantità.
Sul ponte superiore sedie a sdraio, intorno alla piscina, consentono di prendere il sole riparati da vetrate frangivento, come in una crociera di lusso.
Che differenza con le navi traghetto di una volta! Per i meno fortunati e i meno abbienti che non trovavano o non potevano permettersi una cabina, c’erano le poltrone sottocoperta o addirittura un
posto ponte. E lì tra vento e scossoni, tra malesseri e vomiti, il tempo, il doppio dell’attuale, non passava mai.
E allora viva il progresso!
La nave offre tutti gli svaghi previsti nelle grandi navi da crociera. Bar, ristoranti, self-service, pizzerie, musica, angolo giochi per i bambini, negozi. Anche troppo! Sembra una Las Vegas dello shopping e della ristorazione.
È però difficile trovare un posto a sedere, specie in alta stagione, nonostante l’offerta di divani e poltrone sia notevole. Ma i vacanzieri furbi occupano interi salotti con borse e giacconi, asserendo che sono tutti presi da amici e parenti momentaneamente assenti. Mi dirigo verso prua. Entro in un enorme ambiente che ha quattro livelli degradanti verso il basso. Al livello superiore un bar. Tavoli e divani in quantità ai vari piani fino a quello inferiore dove c’è anche una pedana per la musica, uno schermo per proiezioni, luci e faretti da discoteca. Una immensa vetrata si affaccia generosamente sul mare e il vacanziere si sente come in una immensa cabina di pilotaggio.
Tutto bene, troppo bene. Ma qualcosa non torna in questa orgia di servizi e strutture. Intanto l’eccesso di offerta che può far venire una
sindrome di Stendhal, non certo per le opere d’arte, ma per la quantità di proposte. Si potrebbe definire
sindrome da luna park. Ma c’è qualcos’altro che non va. Ecco cos’è: è il trionfo del kitsch con la sovrabbondanza di materiali, legni, acciai, specchi, vetrate, luci diffuse e sparate, faretti dappertutto, eccessi decorativi tipo fasce di acciaio lucido che corrono sulle pareti per andare chissà dove.
Il progresso è andato avanti di corsa, ma, in questo caso, ha perso lungo la strada un elemento importante: il buon gusto.
Dov’è finita l’eleganza dei grandi transatlantici del passato? La raffinatezza degli ambienti, delle decorazioni? I migliori architetti e arredatori erano chiamati per progettarli. Fornasetti aveva curato l’arredamento dell’
Andrea Doria arrivando a disegnare i servizi da tavola per i ristoranti di bordo. E la
Michelangelo e la
Raffaello, ultime creature di una generazione ormai estinta. erano degli esempi nel mondo del design italiano e del buon gusto.
Eppure anche qui si intuisce che tutto è stato progettato e disegnato a tavolino. Ma forse dando la precedenza alla tecnica e al comfort.
Ma dobbiamo rassegnarci. Il consumismo ha abbassato i livelli di qualità. Siamo nell’era del kitsch? Speriamo di no, ma a giudicare da tanti programmi spazzatura della TV, sembrerebbe di si. E l’orda di vacanzieri che ha riempito la nave ne è la dimostrazione.
Mi guardo intorno. Tutti si muovono in continuazione come condannati a un moto perpetuo.
Vanno da un bar a una caffetteria, da un self-service a una pizzeria. Mangiano, bevono, sgranocchiano, succhiano gelati in eterno movimento mandibolare...
E i bambini, come piccoli robot dalle batterie inesauribili, corrono, parlano, urlano, saltano, si rotolano in terra. Senza che nessun genitore si preoccupi di riprenderli per non disturbare troppo i vicini. La cattiva educazione è un’altra faccia del kitsch. Del buon gusto e delle buone abitudini perse e mai ritrovate. Come quella di mandare a letto i bambini dopo
Carosello. Forse la novità del viaggio in mare li eccita ancora di più. E la decorazione esterna della nave con personaggi dei cartoon in scala gigante, invece che suggerire una sana allegria li invita ancora di più a far casino come se entrassero in una enorme sala giochi.
Cerco di tuffarmi nella lettura di un libro. Poche altre persone lo fanno. E quando i nostri sguardi si incontrano, c’è una reciproca nota di stima e di solidarietà.
Il viaggio è quasi finito. Ora bisogna scendere nel girone inferiore di questo inferno galleggiante, per prendere l’auto. Ma non ci vorrà molto tempo. Anche noi, finalmente, usciremo presto a riveder le stelle.
Si naviga a vista
Durante il suo ultimo intervento per la Confindustria a Vicenza, il Cavaliere ha dimostrato ancora una volta di credere nella sua onnipotenza. Per lui il mondo si divide in buoni e cattivi, o meglio in
berlusconiani e
comunisti. Chi non è con lui è contro di lui, e chi è contro di lui è un
comunista. Un sostantivo che, per lui, racchiude quanto di più sordido e brutto possa esistere.
Si considera un monarca assoluto e, in un depliant inviato a tutte le parrocchie in Italia, portatore della parola di Cristo perché ha governato in questi cinque anni secondo gli insegnamenti del Vangelo. Si riteneva un Dio, ora è anche Cristo. Tra poco si convincerà di essere lo Spirito Santo, così potrà essere uno e trino.
Ma Sua Maestà ignora che anche un monarca può essere destituito o addirittura finire sotto la lama della ghigliottina. Ma lui non è Luigi XVI, non è un nobile. E allora c’è il rischio che nemmeno il boia lo voglia. Come succede in un famoso monologo di Franca Valeri, dove lei, nel ruolo di una piccola borghese che vorrebbe avere il sangue blu, sogna tutte le notti di trovarsi al tempo della rivoluzione francese. È in una stanza con tanti cavalieri e dame in parrucca e crinoline. E lei, dice la Valeri col suo humour, peggio che malvestita, in
moderno. Il boia chiama tutti: principi, duchesse, conti, marchesi, cardinali, una certa... Maria Antonietta.
Rimasta sola va verso il boia che non la vuole perché non nobile e le dice: “Se ne vada signorina... anzi mademoiselle!” E conclude dicendo: “Tutte le notti mi tocca fare questa figuraccia. Non mi vuole tagliare la testa!”
Chissà... questo potrebbe succedere anche al grande Silvio. E magari il boia gli dirà: “ Se ne vada, signor Berlusconi... anzi Cavaliere!”