“La ragazza con l’orecchino di perla”, di Peter Webber

Vermeer, "Fanciulla con perla all'orecchio" Ancora una volta la cinematografia inglese ci da una realizzazione di grande professionalità. Un piacere per lo spirito e per gli occhi. Siamo a Delft, in casa del pittore olandese Vermeer. Una giovane di famiglia povera viene assunta come servetta per le mansioni più umili e faticose. Si è subito introdotti nell’atmosfera di una casa olandese del Seicento. Giochi di luci e di ombre, con le figure illuminate solo dai riverberi provenienti dalle finestre. I collari bianchi “sparano” emergendo dalla penombra che avvolge il resto della stanza, come nella migliore tradizione della pittura di Vermeer e di quella fiamminga in generale.

Vengono sottolineati i rapporti che intercorrono tra le persone di quel tempo. Lunghi silenzi, poche parole come in un’incomunicabilità di un Antonioni ante litteram... E poi sguardi, turbamenti, emozioni trasmesse solo dal mutare dell’espressione del viso, che viene subito corretta per non rivelarsi troppo. Ma anche distacchi voluti da una rigida etichetta che non dimentica le differenze di classe. La servetta chiede qualcosa alla padrona di casa, la signora Vermeer, e quest’ultima la riprende subito dicendo che deve parlare solo se interrogata. Quando incontra per la prima volta il Maestro nel suo studio, che lei sta pulendo, resta impietrita dall’emozione e dalla soggezione che la figura del pittore le dà.

Si profonde in inchini ossequiosi non osando parlare e ha paura di farlo anche se interrogata da lui. Ma subisce anche il fascino del Maestro, un bell’uomo dallo sguardo profondo e acuto, e lui resta colpito dallo splendore e dalla purezza dei lineamenti della fanciulla. Pur analfabeta, lei ha delle intuizioni. Per esempio, alla richiesta di lavare i vetri delle finestre dello studio, lei noterà che il lavaggio potrebbe cambiare la luce e compromettere il proseguimento del dipinto che il Maestro sta realizzando. Nasce fra loro un’intesa, forse un amore che nessuno dei due rivelerà mai. Ma lei poserà per il ritratto della ragazza con l’orecchino di perla. E la moglie ne sarà gelosissima.

Scenografia e ricostruzioni perfette, costumi bellissimi, ottimo commento musicale... Ma quello che colpisce di più è che anche gli interpreti, tutti molto bravi, sembrano usciti dai quadri dell’epoca. Non solo per le acconciature, il trucco, i costumi, ma i lineamenti sono quelli di persone del Seicento. E il film è pieno di notazioni sulla vita quotidiana di allora. Il mercato, il banco del macellaio, la taverna, il trasporto della merce con le barche nei canali, ma soprattutto la vita di una casa alto borghese.

La ragazza, con la purezza dei suoi lineamenti e il candore della pelle, ha le mani piagate dalla soda usata per il bucato, dai lavori faticosi, dai geloni. La tensione del film culmina quando si giunge al momento del ritratto. La moglie, gelosa, non vuole prestare i suoi orecchini di perla alla servetta. Sua madre, nobildonna altera e severa, approfittando di un’assenza della figlia porta al genero gli orecchini. Lei capisce che nessun ostacolo deve interrompere l’opera del Maestro. Ma la ragazza non ha i lobi perforati, perché di umili origini. È Vermeer a perforargli un lobo (il ritratto sarà di tre quarti). E la piccola operazione sarà come una penetrazione, un silenzioso atto d’amore fra i due.



Rivive il marchio delle “Sorelle Fontana” (Roma, Aprile 2004)

Sfilata "Sorelle Fontana" Il prestigioso marchio delle Sorelle Fontana, cosi importante nel panorama della moda italiana e che negli anni Cinquanta ha vestito celebrità e dive di Hollywood, è tornato a vivere. Il bravissimo stilista Marco Coretti è stato chiamato per preparare la nuova collezione presentata nei saloni dell’Hotel Plaza di Roma, in una serata mondanissima e con un parterre pieno di VIP, grazie alla perfetta organizzazione dell’ufficio stampa diretto da Mimmo Cina.

C’erano, fra gli altri, Carlo Alberto D’Emilio, curatore dell’immagine di Fendi per le loro vetrine, Massimo Giletti con la bella Katia Noventa, Alain Elkann, Alessandra Panaro Sbragia, Marika Carniti, arredatrice importante e di successo e moglie del famoso psicologo pediatra Prof. Bollea. Tra l’altro era da molto che non ci vedevamo e mi è venuta incontro sorridente (è una donna di grande charme e comunicativa...), congratulandosi per la mia partecipazione a Super Senior.

Ancora una dimostrazione che la trasmissione è stata molto seguita e apprezzata... E ancora l’onnipresente Marina Ripa di Meana, Punzi Checchi, un distinto signore, colto, di classe, figlio (e tutti quelli della mia generazione lo ricorderanno senz’altro...) dell’attore cinematografico Andrea Checchi... E Stefano Canto, autore di affascinanti oggetti tutti eseguiti da lui con materiali di recupero, soprattutto marini, che espone nella sua bellissima galleria.

Sfilata "Sorelle Fontana" La collezione è stata a dir poco... fascinosa e affabulante. Un tuffo voluto nelle atmosfere degli anni Cinquanta ha introdotto la sfilata. Tutti gli abiti sono in un delicato rosa cipria, anche quelli in pelle. Con applicazioni e rifiniture da vera alta sartoria, di cui oggi si sono un po’ perse le tracce. Sulla volta e sulle pareti del salone venivano proiettate immagini, anonimi segni grafici all’inizio che poi si componevano nella scritta Sorelle Fontana, quasi a formare un firmamento di scrittura.

E poi i graffiti di Basquiat, sempre proiettati sulle pareti, che Marco Coretti ha fatto riprodurre da abilissime ricamatrici nei ricami in paillette che ornavano gli abiti. Un’assoluta novità rispetto ai tradizionali elementi decorativi. E poi nuvole di tulle plissé soleil per la guarnizione di deliziosi abiti da sera, fino all’esplosione finale con un fantastico abito da ballo, una gigantesca, eterea nuvola rosa che avvolgeva una bellissima e giovanissima modella, un’affascinante principessa delle fiabe al gran ballo con il suo principe azzurro... Gran successo e molti applausi meritatissimi al bravissimo Marco Coretti, di cui sicuramente sentiremo ancora parlare molto a lungo.



“Mantienimi”, di Selvaggia Lucarelli

"Mantienimi", copertina Ho conosciuto Selvaggia Lucarelli due anni fa, durante la versione estiva della trasmissione Cominciamo bene, quando lei era la conduttrice con Michele Mirabella. Io, Ivana e Mira facevamo parte del pubblico, che non applaudiva soltanto, ma faceva degli interventi, secondo gli argomenti trattati.

È una splendida ragazza, e questo si vede, ma è bella anche dentro. Dolce, gentile, disponibile, educata, con un modo di proporsi discreto e riservato che fa dimenticare il suo aspetto di maggiorata (peraltro gradevolissimo...). Ed è una donna molto spiritosa.

Mi riconobbe subito come il Luciano dei Super Senior, dicendomi che anche i suoi genitori erano dei miei ammiratori. Ringraziai felice e mandai i miei saluti a suoi.

Durante una trasmissione furono citati i titoli degli ultimi libri scritti da Mirabella e da lei. Io li comprai. Non ebbi modo di farmi firmare il suo libro da Mirabella... Troppo indaffarato! Lei, invece, non solo apprezzò e gradì molto il gesto, ma mi fece una dedica affettuosa e molto spiritosa: “A Luciano, il super senior più super junior che conosca”... Riferendosi al fatto che lei mi diceva sempre che avevo un aspetto e un piglio ancora molto giovanile.

Il libro si intitola “Mantienimi”. Spiritoso, intelligente, scritto con grande verve. Da leggere, per chi ancora non l’avesse fatto. Brava, Selvaggia!



“Liberi di amare”, di Laura Laurenzi

"Liberi di amare", copertina ...e liberissima di scrivere, visto che lo fa cosi bene! Se non lo avete ancora letto, correte in libreria per acquistare l’ultima opera della brava giornalista e scrittrice Laura Laurenzi: “Liberi di amare”. Un libro interessante, coinvolgente, “diverso” (per usare un termine borghese...), che parla di amori omosessuali celebri del Novecento. Il suo modo di raccontare è essenziale, colto, denso di riferimenti storici e biografici, che lasciano intuire un ponderoso lavoro di ricerca e di documentazione. Ma volutamente diversificato, a seconda dei personaggi che descrive. Duro e spietato per l’amore maudit di Rimbaud e Verlaine; ironico per la Garbo e Cecil Beaton (ironia che sicuramente era una loro prerogativa...); descrittivo e letterario per Marguerite Yourcenar, quasi un omaggio, ma senza immodestia, ai suoi scritti; drammatico come una tragedia greca per gli amori sofferti di Pasolini, tormentato tra la sua creatività di grande poeta e la ricerca instancabile di nuove esperienze sessuali senza limiti.
Laura Laurenzi ha vinto vari premi letterari, tra cui il Premio Fregene del 2006 proprio per questo libro. Meritatissimi, aggiungo io. Volevo proporvelo per l’estate, anche se sta per finire... Ma è un libro per tutte le stagioni.



“Il caimano”, di Nanni Moretti

"Il caimano", locandina Con molto ritardo, ho finalmente visto il film di Nanni Moretti “Il caimano”. Forse è tardi per parlarne ancora, ma l’interesse che mi ha destato mi fa sentire il bisogno di aggiungere i miei commenti ai tanti che sono stati scritti, certo da persone più qualificate di me. Ma questo sito è come un salotto dove gli ospiti si scambiano le proprie impressioni su vari argomenti... E se qualcuno vorrà replicare e dire la sua, sarà il benvenuto.

Il film è bello. E in questo mi distacco totalmente dal giudizio di Berlusconi, che lo definì orribile. Ma si era ancora in campagna elettorale e doveva difendersi, anche se spesso lo faceva partendo come un Don Chisciotte contro i mulini a vento degli odiati comunisti, rimanendo impigliato nelle pale che inesorabilmente continuavano a girare.

Devo dire che la prima parte non mi stava convincendo molto... Mi sembrava macchinoso far agire dei sosia di Berlusconi o quasi in un set cinematografico, alternati a frammenti di documentari. Ma poi ho pensato che tutto questo aveva un senso. Ci fa vedere il film sul Cavaliere in lavorazione (progetto-sogno del produttore...), ma il cinema può essere fabbrica di sogni. I brani di interviste al Cavaliere ci dimostrano che è realtà.

Mi è sembrata troppo lunga tutta la parte dedicata ai fatti quotidiani del protagonista: il matrimonio che non regge più, il rapporto con i figli, il tentativo di risalire la china della sua vita fallita in tutti i campi, affettivi e professionali. Silvio Orlando è bravissimo nel personaggio che cerca disperatamente e maldestramente di tornare faticosamente a galla, annaspando senza speranza. Troppo spazio forse per le sequenze del suo disastro familiare e quotidiano, facendo dimenticare la storia del caimano... Sembrava di assistere a due pellicole in contemporanea.

Ma poi il film decolla alla grande, e la bravura di Moretti ti coinvolge in pieno. Il pathos è intenso. Una Margherita Buy anch’essa splendida nel suo ruolo. E momenti di grande cinema come, ad esempio, durante il concerto all’auditorium. Prima le sequenze e le carrellate sui musicisti, sul direttore, sul pubblico, che ci rendono partecipi dell’evento. E lui inquadrato che segue il concerto. E già qui c’è la mano del grande regista... Ricorda Doris Day che segue angosciata l’esecuzione del concerto ne “L’uomo che sapeva troppo” di Hitchcock, sapendo che deve succedere qualcosa. Poi quando si alza e va verso di lei, che è nel coro, urlandole le sue verità, è ancora di più grande cinema. Ci fa vedere l’uomo ormai disperato che volontariamente compie la discesa all’inferno, rendendosi ridicolo di fronte a tutti e interrompendo il concerto... perché ormai non ha più nulla da perdere.

Ma è il finale che conquista in assoluto. Moretti-Berlusconi processato e condannato. Non c’è più bisogno della somiglianza fisica. Il Male non ha una sua fisionomia precisa. Può avere il volto di chiunque. E lui si allontana sprezzante, ignorando la condanna, sicuro del suo potere. L’espressione dura, gli occhi stretti in uno sguardo mefistofelico... si allontana in macchina. Il viso in ombra, come un signore delle tenebre. Alle sue spalle, dal finestrino posteriore, si vedono le fiamme alzate dalla folla che inveisce contro i magistrati che lo hanno condannato. È Mefistofele che lascia ferro e fuoco dietro di sé, diretto verso altri luoghi misteriosi ma non troppo... dove continuare la sua opera.



“Il diavolo veste Prada”, di David Frankel

"Il diavolo veste Prada", locandina ...e non solo! Il diavolo si inserisce mimetizzandosi per meglio conquistare le sue prede. E qui, siamo nel mondo dell’alta moda, lui veste anche Chanel, Valentino, Saint Laurent, Armani, Gabbana. La segretaria, appena assunta, chiede al telefono a Gabbana in persona se il suo nome si scrive con una o due b. La cornetta viene subito attaccata con un scatto nervoso. È il mondo dell’alta moda, dove si vive e si lavora senza esclusione di colpi, in un continuo e diabolico arrampicarsi per non essere defenestrati agli inferi.

Marta (una splendida Meryl Streep...) dirige una grande rivista di moda. È inflessibile, dura, esigente, non risparmia nessuno con i suoi commenti sibilati che feriscono più di una freccia. E la giovane Andy, che vuol fare la giornalista, viene mandata dall’agenzia per un posto vacante. È goffa, veste male, non sa niente di moda... Ma Marta intuisce che la ragazza ha stoffa e l’assume nonostante la sua impreparazione. Da qui nascerà un rapporto fatto di scontri continui, di rimproveri della tremenda Marta che spesso riducono in lacrime la povera Andy.

La trama è abbastanza prevedibile ma è raccontata dal regista in modo serrato, vivace, intrigante. Quando Marta arriva la mattina, seminando il panico in tutto lo staff, ha l’abitudine di sbattere cappotto e borsa sulla scrivania di Andy. Lei è la seconda assistente, e tra i suoi pochi compiti c’è quello di sistemare nell’armadio gli effetti di Marta.

È memorabile la sequenza dove questa scena è ripetuta ossessivamente per almeno quindici volte, dove cappotti o pellicce e borse sono sempre diversi naturalmente. Come per sottolineare l’arrivo invadente e prepotente di Marta, ogni mattina. E ancora, quando Andy si fa consigliare da uno stilista del giornale per cambiare il suo look, di nuovo una serie di cambiamenti di abito presentati in modo inconsueto.

Bellissime le riprese aeree di New York e Parigi, come gli antichi disegni a volo d’uccello e con angolature insolite e diverse per due città che sono state riprese migliaia di volte.

Anne Hathaway, la ragazza, è bravissima oltre che molto bella. E sostiene il confronto con la sottilmente perfida e bravissima Meryl Streep.



“Water”, di Deepa Mehta

"Water", locandina Non perdete il bellissimo film della regista indiana Deepa Mehta. Water... cioè l’acqua del fiume sulle cui sponde si svolge gran parte del film. L’acqua che scorre, che dà la vita e ci accompagna fino alla morte.

In particolare, il film narra la triste situazione delle vedove in India. Hanno tre possibilità: farsi bruciare vive accanto al corpo del marito, sposare il fratello più giovane del defunto, se c’è, oppure vivere per sempre in clausura lontane dal mondo. Ed è quello che accade a una bambina, fatta sposare ancor prima della pubertà. Viene svegliata all’improvviso, di notte, per comunicarle che il marito è morto e quindi lei è rimasta vedova. Verrà rasata a zero, vestita di bianco e portata in una specie di convento di clausura con altre vedove di tutte le età.

Il film inizia nel 1938. Poco dopo Gandhi, finalmente liberato dal carcere, comincerà la sua vita pubblica. Tra l’altro, farà approvare una legge che permetterà alle vedove di risposarsi. Ma la situazione sarà molto lenta a cambiare. Alla fine, una scritta ci informa che oggi in India ci sono più di trenta milioni di vedove e che per molte di loro l’integrazione è ancora difficile.

Il film ha anche dei risvolti drammatici, e il racconto è pervaso di tristezza ma anche di speranza. È lirico, intimista ma anche corale. È poesia pura. Bellissime inquadrature e fotografia. L’India ci appare in tutta la sua bellezza, i suoi colori, i fiori, la natura lussureggiante. E le passioni umane dall’amore puro alla lussuria che miete le sue vittime. Bravissimi gli interpreti. Protagonista, oltre alle vedove, è il fiume che scorre placido, come un dio fluviale, osservando ciò che accade intorno a sé... nel bene e nel male. Ma non può fare nulla. Come gli antichi dei, non può opporsi al fato. Ma qualcosa potrà fare un piccolo grande uomo: Gandhi.



“Saturno contro”, di Ferzan Ozpetek

"Saturno contro", locandina Ancora una volta, il regista Ferzan Ozpetek mi ha fatto vivere delle bellissime emozioni con il suo ultimo film Saturno contro. Bravissimi gli interpreti. Ozpetek, come Bergman, ha ormai il suo gruppo di attori che impiega nei suoi film. Questo genera un profondo affiatamento che ne affina la sensibilità e la possibilità di calarsi in modo convincente nel proprio personaggio. E poi la fotografia, il colore, i sapienti movimenti di macchina, la scelta dei luoghi. C’è sempre una Roma insolita nei suoi film, anche se perfettamente riconoscibile.

Ma la cosa più bella è l’esaltazione dell’amicizia. Anche qui un gruppo di persone di entrambi i sessi sono una “comune” solidale e partecipe. E questo è il merito del regista, di rendere assolutamente naturale il rapporto fra uomini e donne, fra gay e etero, non solo senza nessuna barriera, ma anzi con reciproco sostegno e complicità, dividendo gioie e dolori, amori e tradimenti. Viene da pensare ai tanto vituperati Di.Co. (soprattutto da parte della Chiesa)... Questi personaggi dimostrano che coppie di fatto e non, possono convivere con affetto senza che la famiglia tradizionale subisca conseguenze o, come affermato recentemente, portare all’incesto e alla pedofilia. Cose che purtroppo succedono più spesso nella cosiddetta famiglia tradizionale. Ma questa è un’altra storia... della quale sarà bene riparlarne.

C’è una coppia gay (ottima la scelta degli attori assolutamente virili...) che vive serenamente il proprio amore fino a un fatto drammatico che interromperà definitivamente la relazione. Un marito che si innamora di un’altra donna e per liberarsi la coscienza lo dice alla moglie causando una rottura che forse poi si cancellerà... Ed è bello il finale, quando tutti sono intorno a un tavolo da ping-pong dove giocano alcuni di loro. Il tavolo è come una zattera di salvezza alla quale tutti, ancora una volta, si aggrappano per restare insieme



Super Senior - Pagina iniziale